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martedì 8 novembre 2016

La favola di Christian Puggioni, portiere "ultras".

(Foto tratta dalla pagina Facebook di Puggioni)



di  Roberto Rizzetto

Quella di Christian Puggioni, attuale portiere blucerchiato, è una di quelle favole che solo il calcio sa regalare .
Ma partiamo dall'inizio. Christian nacque il 17.1.81 a Genova, sponda blucerchiata. Già, perché lui era tifosissimo della Sampdoria ancora prima che la squadra blucerchiata lo prelevò, ancora bambino, dall'U.S.Angelo Baiardo.
E con addosso la casacca della Samp giocò per ben nove stagioni , dai Pulcini alla Primavera, prima di essere aggregato nella prima squadra, nell'anno 1999-2000. Non trovò tuttavia spazio in quella formazione, impegnata nella serie cadetta ed allenata da Giampiero Ventura, futuro CT della nazionale italiana .  
Dalla stagione successiva iniziò un pellegrinaggio che lo portò a giocare rispettivamente a Varese, Borgomanero, Giulianova, Pisa, Reggio Calabria, Perugia, Piacenza e Verona sponda Chievo.
A Varese esordì tra i professionisti, il 1.10.2000, nella partita vinta 1-0 contro il Como. L'anno successivo, a Borgomanero in serie D, mantenne inviolata la propria porta per circa 700 minuti. Prima dell'esperienza a Giulianova del  2003, fece un provino  anche in Portogallo, nello Sporting Lisbona, ma l'affare non si concretizzò.
Nelle tre annate a Pisa, divenne anche il capitano della formazione nerazzurra e fu per un periodo il portiere meno battuto in Europa in una formazione professionistica, subendo solo 5 goal in 20 partite .
Con la maglia granata della Reggina debuttò in serie A, il 4.2.2007, Parma – Reggina 2-2. Grazie al prezioso contributo dato nella miracolosa salvezza della squadra calabrese ( partita da -11 ) divenne cittadino onorario della città di Reggio Calabria.
L'annata successiva, a Perugia, venne premiato come miglior giocatore perugino dell'anno. Nel 2010, tornato alla Reggina, venne eletto MVP dal pubblico reggino. Nel Chievo Verona, che si era garantito le sue prestazioni  sportive per i successivi tre anni, Christian stabilì con 515 minuti di imbattibilità nella massima serie il proprio record personale e della squadra.
Nonostante ciò la compagine clivense decise di privarsi dell'apporto del proprio estremo difensore, cedendolo a titolo definitivo al Genoa . Trasferimento che Puggioni, da tifoso Sampdoriano, non accettò provocando le ire del presidente  Campedelli che lo mise fuori squadra.
Puggioni intentò ( e vinse ) una causa di mobbing alla società veronese, prima di risolvere consensualmente il contatto.
E nel luglio 2015 il sogno di Puggioni di tornare a vestire l'amata maglia blucerchiata, dopo ben quindici anni, si concretizzò e Christian venne ingaggiato come terzo portiere, dietro al titolare Emiliano Viviano e all'emergente Alberto Brignoli. Quest'ultimo non verrà confermato per la stagione in corso, consegnando di fatto la maglia di “dodicesimo” a Puggioni.
Complice l'infortunio di Viviano, Christian farà a 35 anni il suo esordio in maglia blucerchiata (che può essere considerata a tutti gli effetti la sua seconda pelle) il 22.10.2016, proprio in occasione del centotredicesimo derby della lanterna.
Che contro i pronostici la Samp vincerà per 2-1 grazie anche al contributo di Puggioni, capace di reggere il peso della pressione e di gestire l'emozione provata quando, dopo aver assistito a tante partite dalla gradinata sud, feudo del tifo blucerchiato, si è trovato di colpo proiettato qualche metro più avanti, sul terreno di gioco dello stadio Luigi Ferraris di Marassi, proprio nel sentitissimo derby della lanterna.
Adesso sulla sua pagina facebook campeggia una scritta : “Onore a chi rispetta il suo primo amore, Puggioni uno di noi !”, ovvero il  contenuto dello striscione che la gradinata sud gli dedicò il 24.9.2014 prima di Sampdoria – Chievo .



(Le Gesta passate di Christian Puggioni)




domenica 6 novembre 2016

Breve ritratto di Alberto Jose Poletti il portiere più cattivo della storia del calcio.


Il nome di Alberto Jose Poletti è indissolubilmente legato allo straordinario filotto di vittorie che, tra il 1967 e il 1970, portarono il club argentino dell'Estudiantes de la Plata ai vertici del calcio mondiale.
Tre vittorie nella coppa Libertadores negli anni 1968, 1969 e 1970 e una vittoria nella coppa Intercontinentale nel 1968 ai danni del mitico Manchester United di Sir. Matt Busby spedirono direttamente la formazione argentina nella Leggenda del Calcio Mondiale.
Ciò nonostante, alle nostre italiche latitudini, il nome di Poletti resterà per sempre legato ai misfatti commessi dallo stesso e dai tremendi compagni di squadra dell'Estudiantes ai danni dei giocatori del Milan nella seconda gara della  finale di coppa Intercontinentale che si giocò alla Bombonera di Buenos Aires il 22 ottobre 1969.
Dopo la vittoria dei rossoneri allenati da Nereo Rocco  che, nella gara di andata, disputata allo Stadio Meazza (San Siro) in Milano l'8 ottobre 1969,  sconfissero l'Estudiantes per 3 reti a zero la gara di ritorno fu una vera e propria Guerra in Campo.
Gli argentini che già avevano nel mirino e particolarmente in odio il rossonero Combin, definito "traditore" perchè di origini argentine ma naturalizzato francese, iniziarono da subito a picchiare i giocatori del Milan ogni qualvolta uno di essi entrava in possesso di palla.
Il vantaggio  rossonero arrivò con Rivera  che, alla mezz'ora di gioco, su passaggio filtrante di Combin scartò Poletti in uscita e depositò la palla in rete.
Il gol, che di fatto mise in cassaforte il Trofeo a favore dei rossoneri, infastidì in maniera particolare Poletti che perse la trebisonda e iniziò il suo personale e show: prima calciò il pallone raccolto in fondo alla rete verso il centrocampo con la chiara idea  di colpire qualche giocatore rossonero e poi, non pago si scagliò sui rossoneri festanti colpendo il povero Lodetti.
Il portiere argentino colpì poi con un calcetto "simpatico" un giocatore rossonero infortunato a terra mentre il medico sociale Monti gli stava prestando le cure del caso.  Ciò nonostante, Poletti la passò sempre franca con l'arbitro cileno Domingo Massaro che parve chiaramente poco adatto alla direzione di una gara di tale spessore.
Nonostante due gol segnati dall'Estundiantes, il risultato finale di 2-1 per gli argentini, consentì al Milan di vincere il Trofeo.
Ci furono due espulsi tra gli argentini, Aguirre-Suarez che mise k.o. proprio Nestor Combin con una violenta gomitata e poi Manera che sferrò un pugno a Rivera.
Ma la conta più numerosa fu quella dei "feriti" rossoneri: il portiere Cudicini, Rivera, Maldera, Combin, Prati. Fu una Guerra più che una partita di calcio.
Ma lungi dall'essere soddisfatto, il "buon" Poletti mise a segno il capolavoro finale allorchè pensò bene di unirsi ai festeggiamenti rossoneri  scagliandovisi contro come un pazzo. 
Indubbiamente una "figuraccia" di fronte agli occhi di tutto il mondo del calcio puntati, quella notte, su Buenos Aires.
Il giorno dopo quella Guerra, la federazione di calcio argentina, che aveva nella dittatura militare il suo cuore pulsante fu praticamente "costretta" a silurare il "buon" Poletti. Il portiere fu radiato a vita da ogni competizione per dare l'"esempio" agli altri esagitati animi che si muovevano nel movimento calcistico argentino.
Dopo poco meno di un anno da quella pazza notte di ottobre, tuttavia, Alberto Poletti fu graziato. Tornò a giocare ma senza mai scrollarsi di dosso la fama, pessima, che si era fatto in una sola notte.
Molti anni dopo, in alcune interviste rilasciate a tv argentine, il portiere si difenderà  raccontando che, in fondo, il Calcio di quei tempi, in America Latina era fatto così: roba per uomini duri ... e hijo de puta ... anche.






(22-10-1969 Estudiantes - Milan 2 -1. Le pazzie di Poletti)



(Alberto Poletti e la sua versione dei fatti.)







sabato 5 novembre 2016

Rodolfo Rodriguez e le sue miracolose parate in una notte di luglio del 1984


Accadde il 14 luglio 1984 allo stadio Vila Belmiro di Santos, San Paolo,  in Brasile.
Quel sabato sera, in una gara valida per il Campionato Paulista, si affrontavano i padroni di casa del Santos opposti all'America di Rio Preto.
Se, al termine di quella gara, fosse stato chiesto agli spettatori presenti all'incontro chi fosse il miglior portiere al mondo, sicuramente una buona parte di questi non avrebbe avuto dubbi nell'indicare nel portiere Santos il numero 1 dei numeri 1.
L'uruguagio Rodolfo Sergio Rodriguez y Rodriguez, portiere della nazionale di calcio della Celeste, era appena approdato al Santos dopo anni passati in patria a difesa della porta del Cerro prima e del Nacional poi.
Rodriguez era già una Leggenda in Sud America. 
Portiere dallo stile sobrio ed essenziale,  dotato di un ottimo senso della posizione, Rodriguez era già stato grande protagonista della vittoria del Nacional nella coppa Libertadores del 1980 e quindi fu sempre lui a contribuire in maniera determinante al successo del Nacional nella Coppa Intercontinenate del febbraio 1981 allorchè gli uruguagi ebbero la meglio sugli inglesi del Nottingham Forest. In quella gara Rodriguez fu determinanate e vinse il premio come miglior giocatore della partita.
Rodriguez era anche titolare indiscusso della maglia numero 1 della nazionale tra i pali della quale fu grande protagonista nella vittoria del  Mundialito del 1980 prima e della Coppa America nel 1983 poi.
Al Santos, insomma, approdò un portiere con un Palmares più che eccellente.
Ed appena arrivato contribuì, a modo suo, a far vincere al Santos il Campionato Paulista del 1984 riportando in bacheca un trofeo che mancava da sei anni.
La notte del 14/07/1984 passerà alla storia come la notte dei miracoli di Rodriguez.
In un'azione d'attacco dell'America il portiere uruguagio compì quattro autentici miracoli nel breve spazio di tredici secondi.
Qualcosa di soprannaturale.
Dopo aver salvato la porta in collaborazione con il palo su un tiro dalla distanza, Rodriguez si oppose a due conclusioni successive e ravvicinate degli attaccanti dell'America. Sulla terza ribattuta, miracolosa,  la palla respinta dal portiere fini fuori area dove ancora un giocatore dell'America calciò verso l'angolino destro. Ma ancora una volta Rodriguez si allungò a deviare la sfera che finì però nuovamente sui piedi di un giocatore dell'America che calciò a colpo sicuro trovando questa volta il palo a salvare la porta del Santos. 
Per completezza di informazioni quella partita il Santos la vinse per due reti a zero dove in quello zero trovarono posto tutti i miracoli di Rodriguez.
Subito eletto Eroe dai tifosi del Santos tutt'ora Rodriguez è considerato uno dei tre migliori portieri uruguagi di ogni  tempo condividendo il podio con Leggende che rispondono ai nomi di Ladislao Mazurkiewicz e Roque Maspoli. 
Una Bella Compagnia.




(I miracoli di Rodriguez14/07/1984  Santos - America 2-0)



(Rodriguez "Hombre del Partido" - Finale Intercontinentale 81  - Nacional vs. Nottingham F.  1-0 )









martedì 1 novembre 2016

Raffaele Di Fusco, una vita da "dodicesimo"


di Roberto Rizzetto


Tra i portieri che vestirono a lungo la “casacca numero dodici” una menzione particolare la merita sicuramente il napoletano Raffaele Di Fusco.
La diciassettesima edizione del campionato primavera , quella del 1978-79, vide trionfare ( per la prima e finora unica volta ) il Napoli allenato da Mariolino Corso. Di quella formazione facevano parte Caffarelli, Celestini, Raimondo Marino e Musella, oltre al già citato Di Fusco.
Dopo un altro anno giocato nella “primavera” partenopea il portiere venne mandato in prestito a “farsi le ossa” nella serie cadetta, nelle file del L.R.Vicenza. Qui rimase ben tre anni ( gli ultimi due in serie C1 ), collezionando tuttavia soltanto 26 presenze.
Non andò meglio nei due anni successivi, quando, tornato ai piedi del  Vesuvio, trovò rispettivamente Luciano Castellini e Claudio Garella ( fresco campione d'Italia con l'Hellas Verona ) a “sbarrargli la strada”.
Giocò invece da titolare la stagione successiva, a Catanzaro, in serie B .
Ma la formazione calabrese incappò in un'annata disastrosa, che culminò inevitabilmente con la retrocessione in serie C1.
Le dodici stagioni successive Di Fusco le disputò tutte nella massima serie, nove ancora a Napoli e tre a Torino sponda granata.
Nella seconda fase della sua carriera napoletana fu il vice ancora di Garella, del compianto Giuliano Giuliani, di Giovanni Galli e di Pino Taglialatela.
Nei tre anni in maglia granata l'estremo difensore titolare fu invece un emergente Luca Marchegiani.
Nonostante un palmares di tutto rispetto (2 scudetti, 2 coppe italia ed una coppa Uefa ) Di Fusco terminerà la carriera con la miseria di 36 presenze nel massimo campionato.
Troverà comunque il modo di passare alla storia quando, l'11.6.89, l'allenatore partenopeo Ottavio Bianchi, in aperta polemica con la società colpevole di non avergli messo a disposizione una rosa adeguata (e complici i numerosi infortuni) lo schierò nel ruolo di attaccante negli ultimi undici minuti dell'incontro Ascoli – Napoli, vinto poi dai marchigiani per 2-0.
Terminata la carriera agonistica nel 98, Di Fusco intraprese l'attività di allenatore e di preparatore dei portieri.
Farà ancora parlare di sé inventando e brevettando il “deviatore di traiettoria”, uno strumento ora comunemente utilizzato nell'allenamento dei portieri.


(Di Fusco ai tempi del Napoli)







(Ascoli-Napoli 2-0 con Raffaele Di Fusco centroavanti)




(Raffaele Di Fusco e il suo deviatore di traiettoria)




Quando Jean-Marie Pfaff spaventò Frank Mill che solo davanti alla porta vuota centrò il palo.


Accadde nel pomeriggio di sabato 9 agosto 1986.
Per la prima giornata di Bundesliga edizione 1986/1987 i campioni in carica del Bayern Monaco ospitarono il Borussia Dortmund all'Olympiastadion.
La partita, di per sè non certo memorabile,  passerà alla Leggenda per via del clamoroso errore del  centro attacco del Dortmund Frank Mill.
Definito anche "Miss of the century" l'errore di Mill fu di certo propriziato dalla pressione che il portiere belga del Bayern Monaco Jean-Marie Pfaff esercitò su di lui rincorrendolo alla disperata.
Accadde che Frank Mill, smarcato da un compagno di squadra con un passaggio filtrante poco oltre la metà campo bavarese, scattò veloce verso l'area di rigore avversaria eludendo la tattica del fuorigioco degli uomini di Udo Lattek.
Frank Mill si trovò così  con una prateria davanti a se e con solo il portiere del Bayern  Pfaff di fronte.
L'estremo difensore belga cercò di fermare l'attaccante con un uscita disperata ma Mill  riuscì  ad eluderne l'intervento spostandosi la palla,  con un abile finta, verso destra.
Eluso il portiere belga Frank Mill si trovò leggermente decentrato sulla destra ma dannatamente solo di fronte alla porta.
E qui avvenne l'inspiegabile.
Anzichè  calciare subito nella porta vuota l'attacante del Dortmund proseguì la sua corsa palla al piede mentre dietro di lui un disperato e affannato Pfaff  lo rincorreva alla bene & meglio.
Cosa si inceppò nell'attaccante tedesco in  quel pomeriggio d'agosto del 1986 resterà per sempre un mistero ma è un fatto che, giunto praticamente a un metro dalla linea di porta, Mill si trovò il pallone goffamente  tra le gambe e con Pfaff praticamente attaccato alle sue caviglie non trovò di meglio che calciare il pallone sul palo.
Ancora adesso, che da quel giorno sono passati oltre  30 anni, quell'errore pesa come un macigno sul "tabellino" di  Frank Mill, uno che  ha realizzato oltre 200 reti in carriera.
A suo modo determinante possiamo (forse) considerare la disperata rincorsa di Pfaff, Eroe belga che, val bene ricordarsi, in quell'estate 1986 fu il miglior  portiere del Mondiale di Calcio in Messico.
La partita finì negli annali della Bundesliga con il risultato finale di 2-2 ma per Mill, che oltretutto in quella gara era all'esordio con la maglia del Dortmund,  probabilmente fu una di quelle gare che non finiscono mai ... 



(09/08/1986 L'incredibile Errore di Frank Mill)



Claudio Taffarel il brasiliano che lasciò la pallavolo e divenne Campione del Mondo di Calcio



In uno dei pirmi articoli di giornale che, nell'estate 1990, presentavano ai lettori italiani il nuovo portiere del Parma, il brasiliano Claudio Taffarel, si raccontava di come il biondo numero 1 carioca avesse in realtà iniziato la sua attività agonistica come giocatore di pallavolo.
Taffarel veniva così presentato come uno che con le mani, in ogni caso,  ci sapeva fare.
L'approdo in quel di Parma del portiere brasiliano generò non poca curiosità equamente condivisa tra sostenitori ed addetti ai lavori.
Detta in tutta sincerità non è che la nomea dei portieri brasiliani, all'epoca, fosse particolarmente considerata in ambito internazionale.
Spesso usato come luogo comune il nome e il ricordo del disastroso numero 1 carioca ai tempi del Mundial 1982, il "mitologico" Valdir Peres, si agitavano  come fantasmi addensando sul giovane Taffarel oscuri presagi.
In realtà le cose andarono ben diversamente e l'approdo del portiere brasiliano in quel di Parma coincise con alcune vittorie "storiche" del club emiliano, come la Coppa Italia vinta nella stagione 1991/1992 e la conseguente vittoria della Coppa delle Coppe del 1992/1993.
L'esordio in Serie A il  9/9/1990 al Tardini di Parma contro la Juventus si chiuse con una sconfitta per 2 reti ad 1 ma il portiere brasiliano, ad appena 24 anni, già fece intravedere buone cose.
Portiere poco propenso al volo spettacolare e titolare di uno stile molto sobrio ed essenziale Taffarel fu anche uno straordinario para-rigori e conquistò il cuore dei tifosi emiliani in breve tempo.
Nelle prime due stagioni passate a Parma Taffarel fu titolare indiscusso e giocò tutte dei due tornei da titolare.
Nella stagione 1992/1993 dovette concedere spazio al suo secondo, Marco Ballotta, e così, visto che ormai la fiducia del tecnico Nevio Scala sembrava sempre più orientata verso l'italiano, nella stagione 1993/1994 Taffarel lasciò il Parma per andare a difendere i pali della Reggiana neo-promossa in serie A.
Per ironia della sorte, proprio a Parma, provenienete dalla Reggiana, in una sorta di passaggio di consegne era approdato l'astro nascente tra i portieri italiani: Luca Bucci.
La Reggiana, con il contributo del portiere brasiliano, nella primavera del 1994 si salvò in extremis dalla retrocessione in serie B.
Tuttavia l'avventura del portiere brasiliano con gli emiliani si esaurì al termine di quella tribolata stagione.
Neanche il tempo di festeggiare la salvezza che i guantoni del portiere brasiliano erano già pronti per altre e ben più impegnative parate: l'estate del 1994 fu quella dei Mondiali di Calcio in U.S.A.
L'estate della consacrazione definitiva del talento del portiere brasiliano.
Titolare fisso della maglia numero 1 della nazionale carioca, già dal 1988, Taffarel vide compiersi il suo destino sportivo il 17 luglio di quel 1994 allorchè con le sue parate ai calci di rigore contribuì a portare il Brasile sul tetto del Mondo.
Quel giorno lì (che molti di noi tifosi azzurri ricordano bene - qui era notte e piovigginava) Claudio Andrè Taffarel entrò  di diritto nella Storia del Calcio Mondiale.
Un Eroe del Popolo Brasiliano.



(Claudio Andrè Taffarel)






  




Roberto Corti e la magica stagione 1979/1980 al Cagliari



Ho imparato a conoscere  la Storia del Calcio Italiano leggendo,  sin da giovanetto,  i racconti di celebri firme sportive  come quelle di Gianni Brera e Vladimiro Caminiti (per citarne due).
Scomparsi Loro (Grandi Maestri  depositari delle Leggendarie Gesta di centinaia e centinaia di "Pedatori" dell'italico Stivale) il testimone è passato a "giovani" leve che ne hanno continuato il lavoro.
Ora come ora una tra le firme più autorevoli in assoluto in fatti  di "pallone"  è quella di Carlo Felice Chiesa.
Il giornalista di Bologna dal 2012 ha iniziato a pubblicare sulle pagine del Guerin Sportivo (dove lavora da più di vent'anni) un'opera a puntate mastodontica: "La Grande Storia del Calcio Italiano".
Anno per anno le vicende del nostro massimo campionato sono passate ai raggi X. 
Scritta con uno stile molto vicino a quello dei "Maestri" l'Opera di Chiesa è ricca di riferimenti ai miei tanto amati portieri: uno per stagione viene incoronato a "Saracinesca" del campionato.
Nell'ultimo numero (ancora in edicola) Chiesa racconta della stagione 1979/1980 quella che consacrò Campione d'Italia l'Inter di Bersellini, ma anche quella del Calcio Scommesse che vide finire in galera alcune leggende (tra cui il nostro leggendario portiere rossonero Ricky Albertosi).
Miglior Portiere della stagione 1979/1980 viene incoronato un debuttante assoluto nel massimo campionato: Roberto Corti portiere del Cagliari.
Orginario di Treviglio, in provincia di Bergamo, classe 1952  Corti  fu uno dei grandi protagonisti della promozione del Cagliari in serie A nella stagione 1978/1979.
Approdato con i sardi nella massima serie del campionato italiano di calcio  Corti giocò tutte le trenta partite della stagione 1979/1980 segnalandosi come uno dei più talentuosi numeri uno del torneo.
Vale la pena di ricordare che all'epoca,  partendo dal portiere campionde d'Italia di quella stagione, l'interista Bordon, passando per lo juventino Zoff, il giaguaro Castellini del Napoli e il "brianzolo" Terraneo del Torino, di grandi portieri ne giravano parecchi.
L'ottima stagione di Roberto Corti tra i pali, e la notevole vena realizzativa del centroavanti   Franco Selvaggi (con i suoi 12 gol stagionali) sempre ben assistito dal regista Mario Brugnera  consentirono al Cagliari di piazzarsi al nono posto nella  classifica finale  consentendo così agli isolani di proseguire l'avventura in massima serie.
Nella stagione successiva, 1980/1981,  le cose vanno ancora meglio e Corti, sempre presente nelle trenta partite stagionali vide i suoi piazzarsi al sesto posto in classifica. Lui difendeva, egregiamente, la rete degli isolani e, al contempo, poteva godersi lo spettacolo di una coppia gol ben assortita come quella composta da Franco Selvaggi (8 reti) e dal "Tamburino Sardo" Pier Paolo Virdis (5 reti).
Nella stagione successiva, l'ultima di Corti in Sardegna, il Cagliari si salvò per il rotto della cuffia.
La carriera di Corti proseguì poi nell'Udinese per una stagione e ad Ascoli per ben cinque stagioni.
Ancora oggi, nel ricordo di chi visse in prima persona  quella stagione 1979/1980,  la figura di Roberto Corti viene ricordata con stima ed affetto.
Il numero uno di origini bergamasche lasciò di sè un ottimo ricordo in Sardegna.
Personaggio e Gentiluomo di quel Calcio che mi piace raccontare in queste righe ... un Calcio dove il tempo è relativo  e dove dopo 40 anni il ricordo sportivo e quello umano viaggiano sullo stesso piano.



(Roberto Corti in azione ...  Fiorentina-Cagliari 1 -1  - stagione 1979/1980)