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martedì 1 maggio 2018

Ode all' Annuario del Calcio Mondiale



Trenta anni fa esatti, di questi tempi,  Salvatore Lo Presti stava lavorando alacremente ad un progetto di "mastodontiche" dimensioni: il primo  numero  dell'ANNUARIO DEL CALCIO MONDIALE.
Un'Opera che, per vastità di contenuti e quindi mole di dati elaborati, non aveva precedenti in Italia.
Nulla a che vedere con il "Celebre" Fratello: l'Almanacco del Calcio Panini: infatti mentre quest'ultimo era prettamente incentrato sul movimento calcistico "nostrano" l'ANNUARIO di Lo Presti era una vera e propria enciclopedia del calcio di tutto il pianeta.
Di quel  primo numero, quello dell'edizione '88/'89, ho un ricordo personale indelebile. 
Lo ricevetti in dono nel maggio del 1989 in occasione del mio diciottesimo compleanno.
Divenne subito un prezioso Compagno di Viaggio in quel tempo lontano dove non vi era, come oggi, internet da interpellare per ogni qualsivoglia curiosità o richiesta. 
In quelle prime  948 pagine trovai quello che all'epoca era impensabile anche solo immaginare: le informazioni su tutte le migliori squadre di ogni angolo del mondo, i tabellini di tutte le partite delle Coppe Europee e mille dati, statistiche, aneddoti. Insomma una vera e propria "miniera"  per calciofili incalliti nonchè un utile e insostituibile strumenti per gli "addetti ai lavori".
A tenere a battesimo questa mastodontica iniziativa editoriale campeggiava in copertina il "nostro" Marco Van Basten che, con la maglia della sua Olanda, alzava al cielo la Coppa del Campionato Europeo per nazioni vinto nel 1988. Gregari di lusso erano, in quella copertina, Gianluca Vialli, Diego Armando Maradona e il portoghese della Juventus Rui Barros.
Undici preziose tavole del celebre Carmelo Silva illustravano le reti più belle dell'annata calcistica e, già solo per queste sarebbe stato da ringraziare sempre Lo Presti.
Di fatto, con quell'edizione '88/'89 l'ANNUARIO DEL CALCIO MONDIALE iniziava una cavalcata straordinaria grazie a Lo Presti e al suo Staff e, non ultimo, grazie anche alla coraggiosa casa editrice S.E.T. (Società Editrice Torinese)   che regalò per anni a tutti noi appassionati di calcio informazioni e statistiche che, al tempo, erano davvero come una manna dal cielo.
Ode quindi,  ora e sempre, a Lo Presti e alla sua intuizione: ode all'ANNUARIO DEL CALCIO MONDIALE che cambiò le nostre vite di appassionati.








lunedì 30 aprile 2018

Da Enrico ALbertosi 1961 a Luca Marchegiani 1999: Storia dei portieri italiani nella Coppa delle Coppe- PARTE III



EDIZIONE  1980-1981
A rappresentare l'Italia nell'edizione 1980/81 della Coppa delle Coppe fu la Roma  del Barone  Nils Liedholm. Tra i pali della formazione della Capitale vi era Franco Tancredi. 
I giallorossi incontrarono i tedeschi orientali del Carl Zeiss Jena e dopo una più che ottima partita di andata il 17 settembre 1980 con un successo netto per 3 reti a zero  i giallorossi  incapparono, nella gara di ritorno, in una delle peggiori partite della loro "storia" europea. A Jena il 1° ottobre, infatti, Franco Tancredi raccolse per ben quattro volte il pallone dal fondo della rete. Il perentorio 4-0 dei tedeschi eliminò la Roma subito al primo turno.

EDIZIONE  1981/1982
Fu ancora la Roma di Liedholm a dover difendere i colori italiani nell'edizione 1981/1982 della Coppa. Al primo turno toccarono in sorte ai giallorossi i nordirlandesi del Ballymena United. Tra i pali giallorossi sempre Franco Tancredi che vide i suoi imporsi per 2-0 in trasferta il 16 settembre  1981 mentre a Roma il risultato fu ancora più rotondo: 4-0 e Roma qualificata al turno successivo.
Il sorteggio, tuttavia, fu ostico:  in sorte toccò il Porto. Nella gara di andata, in Portogallo, disputata il 21 ottobre 1981 Tancredi subì due reti e la gara si chiuse sul 2-0 per i lusitani. A  Roma, il 4 novembre 1981, il risultato restò inchiodato sullo 0-0 sino alla fine e la Roma venne così eliminata già negli ottavi  di finale.

EDIZIONE 1982/1983
L'Inter di Rino Marchesi debuttò a San Siro il 15 settembre 1982 sbarazzandosi per 2-0 dello Slovan Bratislava salvo poi perdere nella gara di ritono per  2-1 e veder comunque raggiunto il traguardo della qualificazione agli ottavi di finale. Tra i pali della formazione nerazzurra vi era  Ivano  Bordon. Negli ottavi di finale l'Inter affrontò gli olandesi dell'AZ 67 di Alkmaar. Nella gara di andata disputata in Olanda il 20 ottobre 1982 gli olandesi si imposero per 1-0. A Milano San Siro il 3 novembre 1982 l'Inter vinse per 2-0 con reti di Juary ed Altobelli e passò quindi ai quarti di finale: guardiano nerazzurro in entrambe le sfide con gli olandesi fu Bordon. Nella primavera del 1983 toccò in sorte ai nerazzurri l'armata  Real Madrid allenata da Di Stefano. Dopo un pareggio per 1-1 il 2 marzo a San Siro il Real passò il turno vincendo a Madrid il 16 marzo 1983 per 2 reti ad 1. Sempre Bordon  disputò le gare n. 129 e 130 di un portiere italiano nella Coppa delle Coppe.

EDIZIONE 1983/1984
La Juventus di  Trapattoni  vinse questa edizione 1983/1984 della Coppa delle Coppe al termine di una cavalcata emozionante di 9 gare  terminando imbattuta la competizione. Le gare da n. 131 a n. 139  di una formazione italiana nella Coppa delle Coppe videro tra i pali della formazione bianconera un solo unico protagonista: Stefano Tacconi.
Dopo la doppia netta vittoria contro i polacchi del Lechia Gdansk  per 7-0 a Torino il 14 settembre 1983 e per 2-3 in Polonia a Danzica il 28 settembre 1983 alla Banda del Trap toccò la doppia sfida contro i francesi del PSG. Fu un doppio pareggio che consentì ai bianconeri di passare ai quarti di finale: 2-2 a Parigi il 19 ottobre 1983 e 0-0 a Torino il 2 novembre 1983. Alla ripresa primaverile del Torneo la Juventus affrontò i finlandesi della Haka Valkeakosken. Il 7 marzo 1984 in Finlandia la Juventus vinse 1-0 con rete di Vignola allo scadere. A Torino il 21 marzo il risultato fu identico: 1-0 rete del mitico Tardelli. Nell'impegnativa trasferta di Machester contro lo United valida per la gara di andata della semifinale  il giorno 11 aprile la Juventus impattò per 1-1 salvo poi vincere per 2-1 a Torino il 25 aprile 1984 con  rete decisiva di Rossi al novantesimo minuto. In finale ad attendere i bianconeri vi era il Porto. La sera del 16 maggio 1984 la Vecchia Signora vinse la Coppa delle Coppe battendo i portoghesi per 2-1. 

EDIZIONE 1984/1985
Ancora la Roma, ma questa volta sotto la guida tecnica dello svedese Eriksson, dovette difendere i colori dell'Italia nella Coppa delle Coppe edizione 1984/1985. Tra i pali giallorossi sempre l'inossidabile Franco Tancredi. Nel primo turno dopo aver battuto a Roma i rumeni della Steaua Bucarest il 19 settembre per 1-0 (rete di Ciccio Graziani) nel ritorno, a Bucarest, il 3 ottobre lo 0-0 finale consentì ai giallorossi di passare agli ottavi di finale. La doppia sfida con i gallesi del Wrexham  vide il successo a Roma per 2-0 (Pruzzo e Cerezo i marcatori) e la vittoria esterna il 7 novembre per 1-0 (rete di Graziani). Nella primavera del 1985 ad attendere i giallorossi vi erano i tedeschi del Bayern Monaco che tra i pali avevano il mio idolo Jean-Marie Pfaff, ed in panchina un autentico Santone come Udo Lattek. La Roma venne sconfitta a Monaco di Baviera per 2-0 il 6 marzo 1985 e, a Roma, il 20 marzo 1985 i tedeschi si imposero per 1-2. Volò così in semifinale il mio belga preferito mentre il romanista Tancredi sigillò le presenze da n. 140 a 145 di un portiere italiano in Coppa delle Coppe.

lunedì 2 aprile 2018

Filippo Andreani: "Il Secondo Tempo"


di Rho Mauro 

In questo disco racconto di altri per parlare di me stesso. Soprattutto di quello che mi rimane addosso del Filippo bambino, che correva dietro a palloni, calendari e desideri. Scrivendone, mi sono reso conto di essere ancora fatto così. E questa è senza dubbio la migliore scoperta dei miei primi quarant’anni”.

Filippo Andreani



Ho cullato negli anni, ed in eguale misura,  le passioni del calcio e della musica.
Leggendo articoli a centinaia ed ascoltando canzoni a migliaia mi sono costruito una mia  "cultura"  nei due rispettivi ambiti.
A volte, lungo il cammino, capita di scoprire straordinari crocevia ove queste due passioni convergono e prendono per magia a scorrere su di un unico binario.
Sono, tuttavia,  eccezioni all'ordinaria regola. 
Ma esistono e sono lì ad attenderci al passaggio.
E' in questi crocevia di vita che capita di fare incontri con  "Gioielli Culturali" come questo nuovo disco del cantautore comasco Filippo Andreani che, già dal titolo, ha diritto  ad essere ospitato in questo blog di "Calcio Romantico": IL SECONDO TEMPO.
Un disco di Canzoni in gran parte "dedicate" al nostro amato calcio  nel quale le parabole straordinarie  del pallone si confondo con i traccianti di vita che la magica penna di Filippo Andreani disegna sul foglio bianco  regalando emozioni davvero forti.
Sin dallo splendido pezzo IL PRIMO NON ESISTE (Intro) con l'ottimo pianoforte di  Carlo Gaudiello a stendere un suggestivo tappeto sonoro e la profonda voce narrante  di Valerio Mastandrea le coordinate dettate da Andreani sono quelle del mio modo di intendere il Calcio così com'è sempre stato nel mio immaginario ... ossia ... Romantico.  
I personaggi che si muovono su questo terreno di gioco sono quelli "poetici"  che già Andreani aveva dimostrato di saper far rivivere in maniera perfetta in occasione della canzone dedicata a Gigi Meroni che era contenuta nel suo disco precedente. Sarebbe piaciuta tanto anche a mio padre, lui, tifosissimo del Grande Torino e vero amante del mondo "Granata".
In questo nuovo lavoro grazie alla penna di Andreani riprendono vita le gesta di George Best, le cronache di Beppe Viola,  la squadra invincibile del Grande Torino, i drammi del tifoso genoano Spagnolo e del Leggendario Capitano Gianluca Signorini, e  le gesta del  suo concittadino comasco il calciatore - partigiano Michele Moretti ed è uno splendore poter rileggere queste storie narrate da Filippo con una perizia tale da farle diventare canzoni "sfogliabili" come quei libri cartonati in tre dimensioni che da piccoli conquistavano il nostro stupore ogni volta che voltata la pagina si  componeva davanti ai nostri occhi una nuova meraviglia.
E se la chiamate semplicemente "Nostalgia del Tempo Passato"  sappiate bene che non è solo tale. Nell'epoca odierna, in cui i calciatori più celebrati potrebbero vendere i loro "palloni d'oro" a chili,  io vorrei tenermi ancora stretta la poetica visione di Andreani che fotografa bene un tempo di gesta veramente eroiche che ho potuto vedere riflesse nelle cronache del "mio" Guerin Sportivo attraverso le  penne di Italo Cucci, Gianni Brera, Vladimiro Caminiti ... per citare i "miei" più geniali e autorevoli maestri.
Splendida la copertina del disco opera di Osvaldo Casanova che impreziosisce il libretto allegato al cd con i suoi disegni che sono Opere D'Arte e che hanno dentro una forza espressiva davvero unica:  Classe Pura e Cristallina anche la sua, da autentico fuoriclasse della matita.
Prodotto da Guido Guglielminetti collaboratore storico di Francesco De Gregori, e con Federico Bratovich e Gianmarco Pirro alle chitarre, Silvio Calesini al basso, Fabio Andreani alla batteria, Chiara di Benedetto al violoncello, il già nominato Gaudiello al pianoforte, Lalla Francia e Antonio Martinelli ai cori, Militant A voce in NININ, Eugy (Bull Brigade)  voce dialettale in IL CIELO DI SUPERGA, Andrea Morelli e Lorenzo Tovoli cori in COME SE NULLA FOSSE, Ezio Vendrame voce narrante in  IL PRIMO NON ESISTE (Outro), lo stesso Guglielminetti al basso, Francesco Antonozzi al trombone,  Giovanni Todaro alla tromba e Maurizio Gregori al sax tenore  questo album è la preziosa testimonianza di quel Calcio Romantico di cui è sempre più difficile trovare traccia oggigiorno.
Ma è tutta la visione delle cose della vita che Filippo Andreani espone in maniera chiara  nel suo disco a colpire al cuore: non solo le canzoni con il pallone sullo sfondo. Perchè tutto è prezioso in un baule pieno zeppo di ricordi e il cantautore comasco, condividendoli con noi,   ci rende partecipi di un viaggio nostalgico e magico che segue le traiettorie di un pallone che sembra a sua volta rifuggire le leggi naturali di questo mondo.
Complimenti Filippo.


"Io, se vedo un Poeta a bordo campo, fermo tutto
Va bene, c'è la partita. E dov'è il problema ?
Poi ricominciamo e intanto voi, banda di timidi, 
bevete un bicchiere d'acqua che poi avete da andare, camminare, lavorare.
Io salgo in piedi sul pallone.
Non ho mica paura di cadere.
Io mi innamoro. Sempre. Continuamente.
Ho il cuore che mi scoppia.
Io gioco solo nel secondo tempo."

(Filippo Andreani) 






(FILIPPO ANDREANI - IL CIELO DI SUPERGA)




domenica 25 marzo 2018

Tomislav Ivković l'Ultimo Guardiano della Jugoslavia



Accadde il 30 giugno 1990 allo Stadio Artemio Franchi in Firenze.
Quel giorno lì, alle ore 17,00, era in programma la sfida valida per i quarti di finale del Campionato Mondiale di Calcio.
Di fronte vi erano le nazionali di Argentina e Jugoslavia.
La formazione della Jugoslavia era stata costruita dal suo allenatore Ivica "L'Orso" Osim  su di una triade di carneadi che rispondevano ai nomi di: Tomislav Ivković, Faruk Hadžibegic e Dragan Stojkovic rispettivamente  portiere, capitano e mente di un gruppo davvero Straordiario per qualità tecniche e atletiche.
Tomislav Ivković, gigante di un metro e novanta di origine croata, e che in quelle stagioni militava nello Sporting Lisbona, aveva iniziato la rassegna iridata tentennando non poco nella sfida che vide la Jugoslavia subire un duro rovescio al cospetto della Germania. In particolare un suo errore aveva determinato la quarta marcatura tedesca. 
Tuttavia due successive vittorie contro Colombia (1-0) ed Emirati Arabi Uniti (4-1) consentirono alla formazione di Osim di approdare agli ottavi di finale della competizione che la vide battere  la Spagna al termine di una gara difficile, molto  tirata e decisa dal geniale colpo su punizione della "mente" Dragan  Stojkovic.
In quel tardo pomeriggio di fine giugno dell'estate 1990  il portiere della Jugoslavia ancora non sapeva che quella sua maglia gialla con il numero 1 impresso sulle spalle sarebbe rimasta nella storia del calcio come l'ultima maglia indossata da un portiere della "Jugoslavia" nel corso di una gara di Coppa del Mondo. 
Di lì a venire la tragedia della guerra civile avrebbe ben presto distrutto e cancellato una delle formazioni di calcio più "geniali" di ogni epoca.
Non bastarono i 90 minuti dei tempi regolamentari e nemmeno  gli ulteriori 30 minuti dei tempi supplementari a stabilire quale fra le due nazionali avrebbe avuto accesso alle semifinale del Mondiale: il risultato restò inchiodato sullo 0-0 iniziale e si passò così alla lotteria dei calci di rigore.
In quel mentre, poco prima dell'atto finale,  il portierone Tomislav Ivković cercò lo sguardo del "Dio del Calcio" l'argentino Diego Armando Maradona. 
Pochi mesi prima, infatti, nella sfida di Coppa Uefa tra lo Sporting Lisbona e il Napoli del "Pibe de Oro"  disputata a Napoli il 27 settembre 1989 e terminata pure ai calci di rigore Tomislav  Ivkovic aveva scommesso con Maradona 100 dollari che gli avrebbe parato il rigore. Detto e fatto: il portiere parò il tiro di Maradona vincendo la scommessa anche se poi il Napoli vinse lo stesso quella lotteria dei rigori passando il turno.
Ora il destino li metteva ancora contro: Tomislav contro Diego con vista su di  una semifinale mondiale. E quell'immagine di quel settembre appena passato con il portierone che dopo aver parato il rigore ricordò a Diego che doveva pagare la scommessa è una di quelle storie che il calcio manda agli archivi ma senza dimenticarla.
Questa volta non ci fu tempo per scommettere: troppa la tensione in campo troppo il carico sulle spalle.
Accadde così che l'Ultimo Guardiano della Jugoslavia unita compì un nuovo miracolo e ipnotizzando il Più Grande Calciatore del Mondo parò di nuovo il tiro dagli undici metri di Maradona.
Ma ancora una volta gli dei del calcio scelsero di restare dalla parte del loro "Dio in Terra" e nonostante l'errore del Pibe la sua Argentina vinse quella sfida ai rigori.
Decisivo si rivelò l'errore del suo stoico e leggendario capitano Faruk Hadžibegic che, per ironia della sorte, passerà alla storia della sua Nazione lì dal disintegrarsi come colui che mandò al vento il  Sogno Mondiale.
Storie di un tempo che ormai non esiste più.



(30-6-1990  ARGENTINA - JUGOSLAVIA 3-2 dcr)



domenica 4 febbraio 2018

Jan Jongbloed e quella maledetta domenica del 23 settembre 1984



Al Leggendario portiere olandese Jan Jongbloed abbiamo già dedicato un post, alcuni mesi fa,  che potete leggere al seguente link: 
Domenica  23 settembre 1984 Jan Jongbloed era tra i pali della sua squadra dell'epoca, il Go Ahead Eagles, pronto come sempre a sbarrare la strada agli avversari di turno. 
Il portiere di calcio più famoso della storia della Nazionale di Calcio Olandese alla bella età di 44 anni ancora calcava i campi di calcio.
Ma quella domenica  di settembre Jongbloed non terminò la sua partita.
Appena dopo il fischio di inizio una notizia terribile cambiò il corso della sua vita.
Pochi minuti prima, ad  Amsterdam, suo figlio Erik di appena 21 anni portiere del DWS era morto in campo  colpito in pieno da un fulmine. Una tragedia immane.
Il giovane portiere, nel corso di una partita di quarta serie giocata tra i pali della stessa squadra di Amsterdam dove il padre aveva mosso i suoi primi passi nel lontano 1959, si stava accingendo a rinviare la palla da fondocampo. 
Di solito quel gesto tecnico era ad appannaggio del compagno di squadra Rob Stenacker. 
Ma nella concitazione del momento, mentre una forte tempesta inperversava sul campo di gioco, Erik  indicò la via del centrocampo al compagno assumendosi l'onere di rimettere la palla in gioco.
E fu allora, di fronte agli occhi della fidanzata Jacqueline e della sorella Nicole, che  accadde la tragedia.
Un fulmine colpì il giovane Erik in pieno uccidendolo all'istante.
Una palla di fuoco,  un boato tremendo e, nelle parole dei compagni di squadra che a pochi metri da lui furono spostati dall'ondata di pressione dell'aria, tutto lo smarrimento per un fatto tremendo. 
Jan Jongbloed, ancora con la sua divisa indosso, arrivò in poco tempo sul luogo dell'incidente. 
Un destino tragico gli era toccato in sorte. 
Un dolore immenso al quale è difficile far fronte.
Un anno dopo Jan Jongbloed  fu colto da infarto e, una volta ristabilitosi,  fu ovviamente  costretto a smettere con il calcio giocato.
In confronto alle sconfitte sportive, a quelle delle due maledette finali mondiali perse una di fila all'altra, nel 1974 e nel 1978, il dolore immane della perdita del figlio Erik, il dolore di quella maledetta domenica 23 settembre 1984 segnarono per sempre la vita di  Jan Jongbloed, il  "Tabaccaio di Amsterdam", il Miglior Portiere della Storia del Calcio Olandese.